Atelier Salvatore Capossela
Nuova apertura Atelier
Mostra e nuovo atelier per Capossela
L’artista: «I miei lavori sono una via di mezzo tra naïf e realismo»
Corriere del Trentino27 Apr 2018© RIPRODUZIONE RISERVATA G. B.
L’atelier Lo spazio espositivo di Salvatore Capossela
Un’ariosa vetrina illuminata attraverso cui è possibile vedere da qualunque angolazione i quadri esposti. Chi passa e preferisce semplicemente dare uno sguardo senza entrare nello studio, ha così modo di comprendere ugualmente l’estetica che costituisce il filo conduttore dei lavori esposti.
È con questa scelta di stile che Salvatore Capossela (Napoli, 1967) invita alla mostra con cui inaugura oggi alle 18 il suo nuovo spazio espositivo a Trento, in via San Bernardino 30/1.
Capossela, che eredita la passione per l’arte dal padre Luigi, inizia ad esporre nei primi anni Novanta e, trasferitosi in Trentino, ritrae la città nei suoi angoli più suggestivi, venendo definito «il pittore degli scorci di Trento»: piazza Duomo, Casa Rella ed altri luoghi vengono catturati nelle loro gradazioni di luci e di colori. La quotidianità trentina viene ritratta in atmosfere di spiritualità, poesia, a tratti di fiaba. Da segnalare anche la sua tecnica su vetro e l’elaborazione di diverse scenografie per spettacoli teatrali curati da Angelo Branduardi e da Fausto Bonfanti. Nel 2000, e per sette anni, apre uno studio in via Malpaga, poi riprende l’arte di strada, soprattutto nella zona di piazza Pasi, e ora «per me è un sogno che si avvera — spiega — . Sento che è giunto il momento di riaprire un atelier per raccontare tutte le mie linee artistiche — prosegue —. I miei lavori sono una via di mezzo tra naïf e realismo, un percorso artistico che parte da quando avevo vent’anni, contemplando soggetti tipici trentini, persocolore naggi scaturiti dalla mia attività di scenografo teatrale, e fino a delle tecniche su vetro realizzate con le dita delle mani sul retro del materiale. Gioco con il — conclude — per me dipingere è un modo per trovare la mia tranquillità, il mio mondo, e il colore mi permette di dare voce alle emozioni attraverso una pittura estremamente istintiva».
«Tutto quello che non dice lo butta nell’arte — scrive di lui Milena Di Camillo —: se c’è rabbia, felicità, paura, emozione, gioia, c’è una tela che lo attende, e ci sono i colori forti, i tratti decisi, il linguaggio essenziale per scelta. L’uso del colore, istintivo e carnale, è rimasto la costante del suo linguaggio artistico. Tutto il resto è cambiato più volte, nei soggetti, nelle forme, nella tecnica».
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